lunedì 20 aprile 2015

La Vetrina del lunedì: Robert Rauschenberg



LA VETRINA DEL LUNEDI'
     
                                        

BAD RAUSCHENBERGH

Nelle mie numerose letture, ultimamente, mi è capitao d'imbattermi più di una volta negli anni '50 e '60 del secolo scorso e oggi voglio proporvi la rilettura di due opere di un grande artista di quell'epoca Robert Rauschenberg. Prendo a prestito le parole del professor Renato Barilli, le rivisito e ve le riscrivo perchè credo che egli sia riuscito bene a rendere l'idea del momento storico e dell'opera dell'artista.
Scrive Barilli nel suo testo "L'arte contemporanea" Da Cezanne alle ultime tendenze: "Nel Neodadaismo di Rauschemberg c'è un aumento delle dimensioni fisiche del quadro, e poi un più vasto repertorio di materiali "secondari" chiamati in causa (si sente che frattanto è subentrata l'età dei rotocalchi); e anche gli elementi sensuosi-primari appaiono più violenti (c'è stato di mezzo l'Informale, l'action painting). La simulazione del caos, del grande e libero disordine dell'esistere, è qui integrale. Gli aggetti di Rauschemberg mettono in crisi il prevalere stesso della bidimensionalità dell'opera, intesa come "pagina" gutemberghiana. Nel 1955 egli ci dà uno strepitoso ed urtante Letto, dove appunto cuscino e coperta sono incollati o "assemblati" tali e quali, in tutta la loro tridimensionalità. Dunque un ready-made duchampiano? Non proprio così, perchè la tipica collocazione verticale del quadro riprende il sopravvento; inoltre la coperta è ottenuta con un pittoresco patchwork, e il cuscino reca i segni anch'essi pittoreschi e sensuali dell'uso; e c'è poi un ardente scoppio di dripping al posto della presenza umana, quasi si fosse scataenata per un momento tutta la potenza di un Pollock.

Ma un passo più avanti, di decisa fuoriuscita spaziale, è in Senza Titolo, sempre del 1955, dove sopravvivono, sì, le "pagine" gutemberghiane, ma queste poi vengono montate nello spazio, in una fragile e molto provvisoria edicola: la spazialità, azzerata nei suoi aspetti virtuali, rinasce in quelli reali come invasione, abbraccio concreto, costituzione di vani e di facce interne-esterne. E realmente spaziale è anche il gallo cedrone imbalsamato. Si tratta di un oggetto "povero" ai margini di una civiltà urbana industriale entro cui Duchamp si sentiva interamente prigioniero, potendosene liberare solo a forza di dirottamenti consumati con l'immaginazione. In Rauschenberg invece c'è un sapore di "nuova frontiera", di esuberanza whitmaniana a vivere, a provare esperienze mistiche sul tipo di quelle descritte negli stessi anni da Kerouac e dalla beat generation."

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