CONCRETAMENTE INFORMALE
FEDERICA GALLI
Le sue sono opere concrete, oggettive, tangibili, reali…
la loro identità artistica dipende dalla stessa presenza fisica dell’artista che le genera, che esprime la propria libertà di movimento nell’ordine e nel disordine delle materie che utilizza.
Guardando queste tele possiamo notare diversi rimandi agli artisti dell’Informale; corrente artistica che si sviluppò dopo la Seconda Guerra Mondiale quando una profonda crisi distrusse la fiducia nell’arte e nei suoi linguaggi. Quella che iniziò, allora, fu una profonda ricerca artistica di nuove strade per esprimersi, di percorsi che voleva ripartire dal rapporto unico, speciale, del pittore con la sua opera. Ecco, la Galli sembra riportarmi un po’ lì…nonostante i tempi siano diversi…
Nel momento storico dei social, del bombardamento mediatico di immagini “mordi e fuggi”, dove esisti solo se ti mettono il “like”, dove tutto è esperibile virtualmente, mostre comprese…le tele della Galli no.
Si passa da raffigurazioni che ricordano “cartine geografiche emotive” dove la matericità del colore a tratti si appiattisce per trasformarsi in una sorta di calligrafia, ad altre in cui il segno rotondeggiante, realizzato a spatola e righello, rimanda alla felice stagione giapponese degli artisti Gutai.
"Dobbiamo dare alla materia un'occasione per vivere – scriveva Jiro Yoshihara, uno degli esponenti di questo movimento. Anche nei quadri della Galli troviamo questa modalità espressiva in cui attraverso la materia (pittura o calligrafia ma anche azioni eseguite con oggetti vari) possiamo andare alla scoperta dell'unità originale dell'Io, in cui lo spirito dell'artista e le sue aspirazioni intime si fondono insieme.
Nei suoi "gesti creativi" non v'è alcun momento cosciente, che cerchi di razionalizzare o spiegare ciò che proviene dall’inconscio, essi sono un sunto di performance tra il calligrafismo e la violenza gestuale da cui nascono improbabili paesaggi, vedute di cime montuose, skyline di città apocalittiche dove possono anche consumarsi stragi testimoniate da schizzi rosso sangue, graffi che diventano spiragli i quali ci permettono di andare oltre la prima visione superficiale del quadro, scavarlo in profondità, e ancora, forme materiche aggettanti che rompono il confine tra immagine bidimensionale e plastica.
Alle superfici rugose ed irregolari che richiamano alla mente sensazioni di spiacevolezza o conflitto, si contrappongono superfici morbide, dove il colore sembra liquefarsi inducendo sensazioni di dolcezza e serenità.
Difficile “incasellare” l’opera di Federica in qualche categoria; nella sua espressione infatti converge anche un’altra “versione” dell’Informale: la pittura segnica. Qui la forma, non del tutto assente, tende a costruire nuovi alfabeti visivi, non concettuali, in cui è evidente la componente calligrafica.
Le sue opere quindi, in cui vi è il segno, la stesura del colore, l’incisione, i graffi, le ferite non rispondono ad una volontà rappresentativa di alcunchè ma vogliono essere “altro” dalla realtà che le circonda, realtà indipendenti esse stesse come testimonianze del fare e dell’essere dell’artista.
La Galli è concretamente ancorata alla sua intima esperienza dell’arte e ce la propone scrivendo sulla tela come su un foglio di carta: i segni si spargono sulla superficie e ne risulta un quadro brulicante di piccoli tocchi di colore o vibranti segni materici che diventano i veri protagonisti sulla tela e lascia a noi la libertà
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