lunedì 27 dicembre 2021

 



ANTONIA ZOTTI 

naturalMENTEconnesso




Salve a tutti, in questi giorni di festa volevo parlarvi di quest'artista e del messaggio forte e concreto ma al contempo anche "leggero" e intimo trasmessomi dalla visione della ormai conclusa esposizione delle sue opere che si è tenuta presso la Galleria d'arte contemporanea del Palazzo Ducale di Pavullo dal 4 settembre al 10 ottobre 2021.

Vivere la vita con amore, è una delle tante scritte che mi hanno colpito nelle sale della mostra...vivere la vita con amore potrebbe essere un augurio ma anche un comando, anzi dovrebbe essere imperativo proprio in tempi come questi...

In quest'era che sembra essere cieca e sorda ai quelli che sono i bisogni essenziali di ogni essere umano...noi non ci occupiamo più di noi, come  creature naturali, non ci preoccupiamo più...siamo travolti da un' onda consumistica che ci fa perdere di vista quelli che erano e che sono i valori della nostra vita, l'amore per noi stessi e per il prossimo e soprattutto per la cosa più preziosa di tutte...il nostro pianeta, la terra...

Ecco che Antonia Zotti riporta la nostra attenzione proprio sull'ambiente e con esso si relaziona per realizzare le sue opere che sono naturalMENTEconnesse.

Nello studio dell' artista, in mostra ricreato, possiamo vedere i materiali poveri di cui si serve: il sale, l’acqua, la carta e la farina. Le sue mani piegano e modellano le reti metalliche, strappano e tagliano con cura la carta riciclata, colorata con l’inchiostro e talvolta con tè, erbe e spezie. Poi si serve della carta vetrata per levigare, pulire e definire forme e linee di ciò che vuole creare.


Tramite questi materiali, la Zotti crea delle opere site-specific dal forte impatto visivo e che, nel contempo sono in grado di veicolare messaggi importanti.


Una rete di corda penzolante dal soffitto accoglie un "guscio di mondo" in cartapesta ed e accompagnato dalla scritta murale.


Questo globo è rappresentato vuoto proprio perché, nonostante "il divino affidò all'uomo la terra non per sfruttarla ma per proteggerla", l'uomo ha fallito nel suo compito.

L'artista, originaria della Germania, attualmente vive  e lavora in una piccola città dell'Emilia Romagna ed in  Colorado (USA). Il suo studio è in una vecchia casa di campagna dove vive circondata dalla natura e dagli animali con cui è quotidianamente a contatto.
La sua casa ed il suo giardino divengo per l'appunto motivo d'ispirazione costante per l'artista.
Testimonianza di questo in mostra sono le sculture in cartapesta del Maiale che è intento a mangiare la plastica che veicola il messaggio "Noi diventiamo quel che mangiamo".

 

L'opera è corredata dalle foto di persone addormentate tra i rifiuti di plastica; sua personale versione di una moderna fiaba della bella addormentata dove, al loro risveglio, quello in cui si ritroveranno non sarà un mondo da sogno ma da incubo...
Sempre restando in tema fiabe "C'era una volta...Piero il cavallo", veramente esistente però (era il cavallo dei suoi vicini di casa) realizzato con un corpo tozzo e gambe sottilissime e in cartapesta tinta con china blu, per renderlo più fiabesco.


E ancora "La lepre lunare" che pesta nel mortaio l'elisir di lunga vita (disegno a penna Bic su carta) e si collega alla leggenda giapponese che predica
l'amore e la devozione verso gli altri ma sempre nel rispetto per se stessi. C'è poi un ulteriore analogia fra la luna e la lepre infatti: simile alla luna, la lepre appare e scompare in silenzio, imprendibile, e la sua pelliccia morbida ricorda qualcosa di lunare, di impalpabile, come la polvere bianca che ricopre la luna.

Le lepri sono uno dei soggetti che l'artista predilige, vengono rappresentate in diverse pose nei disegni ad inchiostro e nei modelli in cartapesta siti all'ingresso dell'esposizione.


 


Insieme alle lepri, altri suoi animali prediletti sono galli e galline. Nella sua installazione site specific ce li propone come se fossero immersi nel loro ambiente naturale; stanno beccando in cortile e sono accompagnati da acquerelli preparatori che la Zotto usa per studiare i volatili e cercare di restituirci, tramite un materiale "leggero" come la cartapesta" , la leggiadria di questi pennuti.

La mostra vuole essere, citando le parole della curatrice Simona Negrini "un grido di protesta, ma al contempo una lode alla perseveranza del creato e ancor di più un’ invocazione commossa ed urgente rivolta all’ umanità".

E speriamo che l'umanità capisca e risponda, quanto prima, quanto meglio...

Chiara Messori





lunedì 25 ottobre 2021

DONNA CERVA: progetto e processo creativo di autoconsapevolezza - Federica Balestri - 11 settembre/28 novembre 2021 - Palazzo Ducale di Pavullo



LA DONNA CERVA

Opere di Federica Balestri



La serie di opere che sono qui a proporvi sono il risultato di un progetto creativo di rappresentazione pittorica nato dall' unione di testi di scrittura intuitiva, elaborati da Gelsomina Romano e pittura intuitiva di Federica Ballestri.

Ma facciamo un passo indietro...

Arrivata al Palazzo Ducale di Pavullo, dove è in corso attualmente la mostra che si protrarrà fino al 28 novembre, la questione che più mi aveva incuriosita era proprio legata all'intuizione cioè cosa si intende per scrittura e pittura entrambe intuitive?

E soprattutto chi è la donna cerva?

Di questo "essere mitologico" si narrano tante storie, anche molto lontane fra loro...

Partiamo da una, quella del celebre mito di Narciso, giovane bellissimo che venne  condannato dagli dei: qualora si fosse guardato allo specchio, sarebbe morto. Per questa sua  paura egli  si rifugiò in un  boschetto pronto a vivere una vita fatta di solitudine.

Questo ci induce ad osservare una sorta di  "ribaltamento" rispetto alle credenze comuni che vedono il giovane innamorato del suo riflesso, in realtà Narciso non vuole specchiarsi perché ha paura della morte.


Lo SPECCHIO  metaforicamente e psicologicamente è ciò che permette la nostra riflessione interiore, e quindi  Narciso è condannato a non potersi guardare dentro.

Ma c'è qualcosa in più...

Egli non riesce ad intessere relazioni perché queste lo indurrebbero   ad una morte metaforica, in quanto egli sarebbe chiamato a  mettersi in gioco, a cambiare, a rinunciare ad una parte di sé. 

Infatti... ogni qualvolta Narciso è messo davanti ad uno specchio, quindi davanti ad una relazione, così come accade nel mito, si rifugia nel bosco, trascorrendo il suo tempo a caccia di cervi.

Ed è proprio relazionandosi con una donna Cervo, vista unicamente come  una preda nella quale non può specchiarsi, innamorarsi e distruggere il proprio Io, che egli si sente libero di esprimere i suoi desideri.  La donna Cervo in questa visione mitica è colei che, tradendo sé stessa, si oggettifica, rinuncia alla posizione di soggetto attivo all’interno di una relazione, lasciando libero spazio alle proiezioni del partner.

D'altro lato abbiamo invece la visione appartenente al culto sciamanico dei nativi americani per cui essa è donna emancipata, creatrice, detentrice di forza vitale in grado di recare energia nuova e sanificata. E diciamo che questo fluido energico è quello che subito mi si è palesato guardando le opere della Ballestri.



In particolare mi ha colpito questa frase, scritta a penna nella "parete degli studi e degli schizzi" allestita nel sotterraneo del Palazzo Ducale di Pavullo.


Proprio da questa visione si può partire per comprendere il percorso che  l'artista fa assieme alle sue donne cervo.

Si tratta di ritratti eseguiti dall'artista prendendo come punto di partenza foto, autoscatti di donne che hanno dato il loro consenso a questo progetto.




Sono ritratti "liquidi",  fluidi, in cui ogni protagonista si mette in gioco così com'è, senza sovrastrutture o imposizioni di nessun genere. Sono donne disposte a farsi guardare, interpretare dall'artista che mette anche lei stessa nel caleidoscopio delle immagini così da potersi "specchiare" non nel senso narcisistico del termine ma servendosi appunto del medium della pittura intuitiva.


 
    

Dipingere "intuitivamente" significa non seguire un’idea precisa ma immergersi in un’avventura  tanto creativa quanto misteriosa. Ecco che  il risultato estetico non è più lo scopo del dipingere ma ciò che conta è il processo creativo. La sua pittura, come dicevo prima è appunto fluida perché il suo è un gesto pittorico libero, spontaneo. 



Ed ecco che prendono vita visioni dalle tinte pop ad acrilico ed inchiostro su cartonato, zeppe di rimandi simbolici, spesso incomprensibili, donne che portano gloriosamente le loro vistose corna, sembrano vantarsene, e ciò  conferisce loro una sorta di status di donna forte e profondamente consapevole del proprio "Io".


           

Le donne cervo che nascono da questo processo creativo sono libere da schemi, preconcetti, condizionamenti imposti; sono donne che guariscono le loro ferite ed imparano, mentre insegnano, ad amarsi ed ad amare.


Federica 
incontra Gelsomina Romano, operatrice olistica che  si serve del metodo della scrittura creativa nella relazione di aiuto con l'altro. Le tecniche dell'operatrice vengono adattate in maniera quasi romanzata alla storia con cui   la donna cerva racconta il suo percorso verso l'autoconsapevolezza, attraverso un metodo di scrittura intuitiva e di collegamento con l' autrice. Questo processo di riappropriazione del sé e del femminile viene così inizialmente definito dalla lettura e comprensione dei testi e successivamente sancito dall'autoritratto fotografico. Lo scatto suggella il momento in cui il soggetto si riavvicina visivamente a sé e ne prende coscienza. Il passo successivo è la trasposizione pittorica: qui il pittore diviene il "mezzo" che connettendosi e meditando sui soggetti "tramuta le donne ritratte in ibrido divinatorio che congiunge intuizione dell'artista e persona da rappresentare"(prendendo a prestito le parole della curatrice Martina Crozza).




Questo progetto infine è una sorta di gestazione da cui nasceranno individui trasformati. E' una storia che parla di trasformazione, del potere personale di guarigione e visione che ognuno ha dentro di sé. 



Come scrive Gelsomina Romano: Così un giorno la donna cerva è venuta ed ha parlato [...], ha parlato di autenticità e di amore e di come [...] diventare consapevoli [...] del nostro potere di essere co-creatrici di quel mondo che noi percepiamo [...] che altro non è che il riflesso di ciò che siamo".

Chiara Messori

La mostra sarà visibile fino al 28 Novembre presso la Galleria dei sotterranei al Palazzo Ducale di Pavullo Via Giardini, 3 – Pavullo n/F.

Orari di apertura
sabato, domenica e festivi: h. 16.00 – 19.00
su richiesta dal lunedì al sabato: h. 10.00 – 13.00
martedì e giovedì: h. 15.00 – 18.00
tel. 0536 29022 / 29026 – FB / Instagram / You tube #artepavullo

Ingresso libero – Green Pass obbligatorio

Domenica 31 ottobre - Laboratorio di pittura intuitiva tramite meditazione guidata h 16:00/19:00 Per ragazzi dai 16 anni e adulti - partecipazione gratuita/prenotazione obbligatoria (tel.053629964/29022/29026 - uit@comune.pavullo-nel-frignano.mo.it)

Info/prenotazioni: uit@comune.pavullo-nel-frignano.mo.it
www.comune.pavullo-nel-frignano.mo.it #artepavullo








venerdì 8 ottobre 2021

NUOVE PROPOSTE: CONCRETAMENTE INFORMALE - Opere di Federica Galli




CONCRETAMENTE INFORMALE


FEDERICA GALLI





Due termini apparentemente opposti ma che ben si associano per descrivere l’opera della pittrice Federica Galli, modenese, classe 1994.
Le sue sono opere concrete, oggettive, tangibili, reali…
la loro identità artistica dipende dalla stessa presenza fisica dell’artista che le genera, che esprime la propria libertà di movimento nell’ordine e nel disordine delle materie che utilizza.
 
Guardando queste tele possiamo notare diversi rimandi agli artisti dell’Informale; corrente artistica che si sviluppò dopo la Seconda Guerra Mondiale quando una profonda crisi distrusse la fiducia nell’arte e nei suoi linguaggi. Quella che iniziò, allora, fu una profonda ricerca artistica di nuove strade per esprimersi, di percorsi che voleva ripartire dal rapporto unico, speciale, del pittore con la sua opera. Ecco, la Galli sembra riportarmi un po’ lì…nonostante i tempi siano diversi…


     


Nel momento storico dei social, del bombardamento mediatico di immagini “mordi e fuggi”, dove esisti solo se ti mettono il “like”, dove tutto è esperibile virtualmente, mostre comprese…le tele della Galli no.

Lei è un’artista “concreta”, ci invita a fermare lo sguardo per capire…dipinge volutamente senza forma, improvvisando spontaneamente sull’ onda delle sue emozioni, senza figure, senza prospettiva né geometria, ma lasciando protagonisti della tela colori e materiali. Il risultato che ottiene è del tutto automatico perché deriva da gesti compiuti secondo movenze la cui gestualità parte dalla liberazione delle proprie energie. E sono appunto queste energie che fanno sì che il colore diventi segno ritmico e visivo dando vita ad un’armonia di forme che sono a totale libera interpretazione…
Si passa  da raffigurazioni che ricordano “cartine geografiche emotive” dove la matericità del colore a tratti si appiattisce per trasformarsi in una sorta di calligrafia, ad altre in cui il  segno rotondeggiante, realizzato a spatola e righello, rimanda alla felice stagione giapponese degli artisti Gutai. 


       

        

                

"Dobbiamo dare alla materia un'occasione per vivere – scriveva Jiro Yoshihara, uno degli esponenti di questo movimento. Anche nei quadri della Galli troviamo questa  modalità espressiva in cui attraverso la materia (pittura o calligrafia ma anche azioni eseguite con oggetti vari) possiamo andare alla scoperta dell'unità originale dell'Io, in cui lo spirito dell'artista e le sue aspirazioni intime si fondono insieme. 

 
Le opere qui proposte sono quindi estremamente diversificate, spesso caratterizzate da libere pennellate e densi strati di colore, segni e metodi all'insegna dell'improvvisazione. 
Nei suoi "gesti creativi" non v'è alcun momento cosciente, che cerchi di razionalizzare o spiegare ciò che proviene dall’inconscio, essi sono un sunto di performance tra il calligrafismo e la violenza gestuale da cui nascono improbabili paesaggi, vedute di cime montuose, skyline di città apocalittiche dove possono anche consumarsi stragi testimoniate da schizzi rosso sangue, graffi che diventano spiragli i quali ci permettono di andare oltre la prima visione superficiale del quadro, scavarlo in profondità, e ancora,  forme materiche aggettanti che rompono il confine tra immagine bidimensionale e plastica. 


        


Alle superfici rugose ed irregolari che richiamano alla mente sensazioni di spiacevolezza o conflitto, si contrappongono superfici morbide, dove il colore sembra liquefarsi inducendo sensazioni di dolcezza e serenità. 


            


Difficile “incasellare” l’opera di Federica in qualche categoria; nella sua espressione infatti converge anche un’altra “versione” dell’Informale: la pittura segnica. Qui la forma, non del tutto assente, tende  a costruire nuovi alfabeti visivi, non concettuali, in cui è evidente la componente calligrafica.



              


Le sue opere quindi, in cui vi è il segno, la stesura del colore, l’incisione, i graffi, le ferite non rispondono ad una volontà rappresentativa di alcunchè ma vogliono essere “altro” dalla realtà che le circonda, realtà indipendenti esse stesse come testimonianze del fare e dell’essere dell’artista.

   


La Galli è concretamente ancorata alla sua intima esperienza dell’arte e ce la propone scrivendo sulla tela come su un foglio di carta: i segni si spargono sulla superficie e ne risulta un quadro brulicante di piccoli tocchi di colore o vibranti segni materici che diventano i veri protagonisti sulla tela e lascia a noi la libertà 

d’ immergerci in questi mondi tutti da scoprire.  
 
Chiara Messori