giovedì 13 giugno 2019



DENTRO CARAVAGGIO
(Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, Milano 1571 – Porto Ercole 1610)

"Dentro Caravaggio" è un viaggio, condotto da Sandro Lombardi, attraverso i diversi luoghi caravaggeschi: Roma, Napoli, Malta, la Sicilia, tutte quelle terre in cui il pittore e le sue inquietudini hanno lasciato traccia concreta.
Questo film-documentario, diretto da Francesco Fei, ha come  
tappa di partenza il Sacro Monte di Varallo. 
Complesso devozionale concepito nel 1481 dal beato Bernardino Caimi, francescano dei Minori Osservanti. Egli, ritornato dalla Terra Santa dove era stato custode del Santo Sepolcro, decise di riprodurre una Gerusalemme in scala ridotta sulla collina sopra Varallo. L'obiettivo era creare un percorso pedagogico e devozionale in grado di instillare l'amore per le Scritture attraverso il coinvolgimento emotivo. 
I personaggi raffigurati appartengono al contesto quotidiano e ognuno riveste un ruolo unico e speciale.  Gli stessi Cristo e Maria sono ritratti come abitanti del borgo, autentici e alla portata di tutti, celestiali e terreni al tempo stesso. E' proprio in questa dimensione di "immanenza nella trascendenza" che si nascondono, almeno in parte, le radici dell’arte di Caravaggio.
Tutto è come sospeso nel tempo, in una sacralità percepibile nel raccoglimento e nel silenzio.


Cappella della Salita al Calvario – Foto Wikipedia


Nel film, il personaggio- guida, ci introduce alla visione del complesso in modo inusuale. Illuminandone a torcia degli stralci egli ci immerge nel "mondo di Varallo"; coglie l'espressività dei personaggi raffigurati e ce li presenta quasi emergessero dalle tenebre creando così un parallelo con i dipinti del Merisi. 

Immagine correlata


Caravaggio in questa sede viene più volte definito "anticipatore del cinema e della fotografia" proprio per la sua capacità di usare la luce. Le scene da lui ritratte sono come istantanee, stralci di vita quotidiana ripresi da punti di vista inusuali e con tagli prospettici mai visti prima. Rappresentativo in tal senso è il dipinto:"Il Ragazzo morso da un ramarro", immagine della locandina del film. 
E' uno dei più significativi capolavori giovanili di Caravaggio eseguito su tela intorno al 1595, all’inizio del suo periodo romano.


Con splendidi dettagli da natura morta e straordinari effetti luministici si coglie il momento un cui il giovane si ritrae improvvisamente per il morso di un ramarro. Il pittore qui ha vent'anni ed è appena arrivato a Roma. È un Merisi  affamato di baldoria, bordelli e contratti. Qui il pittore mostra lo stupore e paura per la lucertola attaccata al dito da parte di un adolescente effeminato dei bassifondi romani. Il volto, dai tratti grevi, è scolpito dalla luce così come la sua spalla "lussuriosa".

Il giovane critico Roberto Longhi seppe da subito riconoscere la portata rivoluzionaria della pittura del Merisi, così da intenderlo come il primo pittore dell’età moderna.

L’artista, disprezzato nel suo tempo (Poussin arriverà a dire: «questo è venuto ad ammazzare la pittura»), a lungo dimenticato, viene esaltato da Longhi come «il primo pittore dell’epoca moderna». «Ecco un pittore umano piuttosto che umanista; in una parola popolare», scriverà Loghi.

La sua "popolarità" intesa non come fama, bensì piuttosto come capacità di rappresentare il mondo così com'era,; trova la sua massima espressione nelle tele de "Le sette opere di misericordia" (1606/1607).


Sette opere di misericordia Caravaggio analisi

Opera realizzata per l’istituto della Congregazione del Pio Monte, poiché, grazie all’intercessione di quest’ultimi, lo stesso Caravaggio riuscì a scappare da Roma indenne, dato che era ricercato a causa di alcuni problemi che ebbe nella città.
Questo imponente lavoro di Caravaggio  si trova a Pio Monte della Misericordia a Napoli, pronto per essere ammirato dal grande pubblico; inoltre, nello stesso luogo, si può consultare il contratto che venne stipulato per la realizzazione di questo quadro (pagato 470 ducati) riguardanti le opere di misericordia spirituale.
Stando al Vangelo di Matteo, sette sarebbero il numero di richieste fatte da Gesù per ottenere il perdono dei peccati ed accedere al Paradiso.
Le opere misericordia sono:
  1. Dar da mangiare agli affamati.
  2. Dar da bere agli assetati.
  3. Vestire gli ignudi.
  4. Dare rifugio ai pellegrini.
  5. Visitare i malati.
  6. Visitare i carcerati.
  7. Seppellire i defunti.
Nella composizione, seppur la scena possa sembrare confusa, in realtà ci sono diversi gruppi che si possono individuare.
Nella parte più alta della scena notiamo la Vergine con il Bambino in braccio; la coppia è scortata da due angeli, appena visibili, i quali dominano dall’alto il quadro.
La prima opera di misericordia: dar da mangiare agli affamati e visitare i carcerati, è riassunta in una piccola scena sul lato sinistro della tela.
L’uomo che si sta nutrendo dal seno della donna è Cimone, il quale, secondo la storia, venne condannato a morire di fame all’interno del carcere.
Cimone riuscì a salvarsi però, grazie al nutrimento che gli venne fornito dal seno della figlia e, al termine della storia, venne liberato.


La seconda opera di misericordia: dar da bere agli assetati è rappresentata da un uomo dalla pelle scura e poco illuminato, il quale si trova in secondo piano sulla sinistra della scena. Dai pochi dettagli che emergono, l'uomo è identificabile con Sansone, ritratto nel momento in cui sta bevendo acqua da una mascella d’asino: questo particolare è stato estratto dall’aneddoto secondo cui, Sansone, riuscì a sopravvivere nel deserto grazie al Signore, il quale fece sgorgare acqua dal nulla.


La terza opera: vestire gli ignudi e visitare gli infermi, è rappresentata in un'unica scena da un gruppo d'individui, sulla sinistra della tela. Si può notare un cavaliere che sta donando un mantello ad un povero uomo ritratto di spalle (azione che rappresenta “vestire gli ignudi”). Anche nella seconda opera di misericordia, si  fa riferimento sempre alla stessa scena, dove il cavaliere si avvicina all’uomo storpio sulla sinistra.
Dalle fonti apprendiamo che un cavaliere che abbia compiuto tali imprese sia stato identificato con San Martino di Tours.

L'azione : dare rifugio ai pellegrini, si può individuare nel gruppo che si trova sulla parte più a sinistra di tutta la scena in cui campeggiano due persone accanto al cavaliere San Martino di Tours.
Facendo attenzione, alla sinistra di Sansone, si scorge un uomo intento a dialogare con un altro (che indossa un vistoso cappello), mentre indica un punto fuori dalla scena.
Accanto all’uomo con il cappello si intravede il profilo di un inviduo che suggerisce di seguirlo: l’uomo con il copricapo probabilmente rappresenta un pellegrino, per la presenza della conchiglia sul cappello (simbolo del pellegrinaggio a Santiago de Campostela).
Seppellire i morti: l’ultima opera di misericordia si trova sul lato destro della composizione accanto a Pero, la figlia di Cimone, dove si scorgono i piedi di un defunto. Alla sinistra dei piedi si vede un uomo pronto a sollevare il cadavere per trasportarlo, mentre un altro lo accompagna con la fiaccola, unica fonte d' illuminazione per l’intera scena.

Questa è una delle  opere più complesse di tutta la sua carriera. Qui l'artista si pone in una "dimensione limite" fra il mistico e l'erotico. A Napoli l'artista sviluppa ed esprime appieno il suo "genius-loci"; egli riesce infatti a dialogare con l'ambiente napoletano e con i suoi abitanti in modo del tutto spontaneo, vero, vivo. I suoi quadri colgono i momenti della quotidianità, sono flash, istantanee del suo tempo. Se fosse vivo oggi probabilmente il Merisi sarebbe un regista, proprio per la sapienza con cui riesce a coniugare l' uso della luce (usando anticipatamente, per il suo tempo, una luce quasi artificiale) alla rappresentazione di scene in movimento.

Nei suoi quadri c'è questo e molto altro...c'è un'attrazione che, a volte, ha le sue radici nella crudeltà della scene raffigurate come nel "Davide con la testa di Golia" (1609/10) e in "Giuditta e Oloferne" (1597).

David holding the head of Goliath by Caravaggio (Rome).jpg


Anticipatore del cinema, egli riduce la distanza fra i vivi e i morti, fra i nobili e la gente comune, fra il sacro ed il profano portando tutto sullo stesso piano, quello dell'immanenza...
Amato da tutti, indistintamente, ancora attualissimo malgrado morto più di 400 anni fa (nel 1610) resta di una potenza unica. La sua lingua così esistenziale ci ricorda che l’immanenza del mondo è fonte, sì di emancipazione dell’uomo, ma anche di scoperta della sua piccolezza nel cosmo; come se la vita umana fosse solo un'esangue, grigia dimensione corporea dell'arte. 

Questo film documentario mi lascia con lo stesso punto interrogativo di Longhi; un interrogativo irrisolto e, ad oggi, di notevole fascinazione:
"In quali zone soleva extra-vagare il cervello di Caravaggio?"


Chiara Messori